Silenzio: assenza di dati?
- Andrea Brambilla
- 21 nov 2024
- Tempo di lettura: 2 min

Gesti, posizioni, sguardi, silenzi determinano la verità delle relazioni fra gli uomini. Le parole non dicono tutto.
(V. Meyerhold, Ecrits sur le théâtre in E. Barba, La canoa di carta)
Nel gioco da tavolo Master Mind, di cui ho conosciuto l’esistenza soltanto quest’estate, lo scopo è indovinare la combinazione segreta di colori e posizioni delle pedine del proprio avversario nel minor numero di tentativi possibili. Per farlo, il “nemico” restituisce un riscontro visibile delle pedine e delle posizioni indovinate, che rimane sulla plancia e su cui è possibile basare i tentativi successivi. In questo sistema di prova ed errore, al di là delle possibili strategie da adottare, un ruolo decisivo è ricoperto dalle restituzioni con caselle vuote, perché consentono di eliminare i colori sbagliati, assenti.
Il silenzio, l’assenza sono dati essi stessi, a volte più importanti delle parole. Un aneddoto sulla Seconda Guerra Mondiale che coinvolge Abraham Wald, matematico ungherese al quale fu chiesto dai britannici uno studio sui propri aerei da guerra, ci racconta che egli fu in grado di contribuire in modo decisivo al conflitto sfruttando proprio la mancanza di dati. La narrazione vuole che, a fronte dell’analisi di un quadro statistico delle parti danneggiate degli aerei di ritorno dalle missioni, decise di rinforzare quelle parti su cui non c’erano dati: dal momento che nessun aereo tornava con quelle parti danneggiate, significava evidentemente che erano le più vulnerabili e ne causavano il non ritorno.
Non esiste un termine unico in italiano (né in latino) per indicare una persona che perde un figlio o un fratello, mentre esistono invece “vedova” e “orfano”: è forse un dato che racconta l’indicibilità di un dolore? Un alunno che è assente il giorno dell’interrogazione o della verifica, o un genitore assente al saggio di pianoforte della figlia non sono anch’esse informazioni latrici di un messaggio? Così come il silenzio nello spazio per le domande dopo un intervento a una conferenza o in classe; come anche lo 0-0 al termine di una partita; oppure come l’assenza di partecipanti a una festa di compleanno a cui sono stati invitati tutti i tuoi compagni di classe. La smetto con gli esempi, anche se sarebbe facile trovarne altri.
Ebbene, qual è il punto? «Le parole, [i numeri] non sono tutto». Silenzio e assenza sono parte delle nostre vite, hanno anch’essi un valore e un significato. Non è necessario stare sempre insieme a una persona: si può viverne anche l’assenza, e questa può farci bene, ci può educare. Non occorre sempre parlare per forza o mettere della musica di sottofondo per nascondere disagio o imbarazzo: si può anche stare in silenzio, ogni tanto. Non perdiamo le buone occasioni che abbiamo per stare zitti.
Se vuoi approfondire le regole, puoi farlo qui https://mastermind.altervista.org/regolamento/, stesso sito da cui ho tratto la foto.
Se vuoi approfondire l’aneddoto di Abraham Wald, puoi farlo qui https://www.militarystory.org/la-grande-leggenda-di-abraham-wald-fakestory/